I disegni di Kjael (Italia) e Radek (Polonia)
Il Pino
Nel bosco sulla collina abitavano alcune famiglie degli alberi: querce, faggi, betulle, castagni e tigli. Tutti quanti, ogni mattina salutavano il sole dondolando i loro rami e ogni sera coccolavano, i piccoli uccelli che si addormentavano tranquilli nei nidi fra le loro foglie.
Le foglie erano come un mare verde, proteggevano dal sole intenso e dal freddo tutte le creature che hanno trovato la dimora fra le braccia degli alberi, mentre il loro fruscio verde mormorava canti del silenzio.

Gli animali che abitavano nel bosco volentieri giocavano fra le piante alte. Gli scoiattoli si divertivano a saltare da un ramo all’altro e a tirare le ghiande dalle querce che con il sorriso osservavano questi giochi. Le gazze nascondevano nei buchi degli alberi i loro tesori. I cervi e i caprioli passeggiavano dignitosamente fra le ombre alte e sfregavano le corna e la schiena contro le cortecce. Le piogge e il sole facevano crescere gli alberi alti, altissimi, irraggiungibili per tanti animali.
I giorni passavano fra le piogge e il sole, fra il caldo e il freddo. Le stagioni dipingevano le foglie una volta di verde, un'altra di rosso e di oro, preparandole ad un’ultima danza con il vento e a volare lontano fra le sue braccia. Le foglie erano contente di maturare e staccarsi dai rami, erano fiduciose di essere portate via lontano, per conoscere il mondo.
Gli alberi con il dispiacere osservavano volar via le loro foglie, esse le proteggevano dal freddo e dal sole, e con ogni tocco del vento cantavano il loro fruscio. Le piante attendevano l’arrivo della neve per riposare avvolte nella coperta bianca e soffice e sapevano che in primavera sarebbero nate le nuove foglie verdi, riportando la gioia e la protezione.
Un giorno, sulla collina fra le famiglie dei tigli e betulle, nacque una piccola pianta, molto strana. Nessuno sapeva a quale famiglia appartenesse. Né betulle, ne querce né tigli si riconoscevano in lei. Essa cresceva abbastanza in fretta e ogni giorno gli alberi osservavano che le foglie di questa pianta erano lunghe e spinose.
La pianta sempre più curiosa si guardava attorno e cercava di capire a chi assomigliasse. Cercava i suoi genitori, i famigliari, ma non trovava nessun e nessuno voleva adottarla.
Quando crebbe alta, diventò di colore verde scuro ed era quasi completamente coperta di foglie sottili, lunghe e spinose. Gli alberi la guardavano con l’ironia e sussurravano qualcosa fra di loro agitando orgogliosamente le loro foglie grandi e verdi. La giovane pianta si sentiva molto sola: gli alberi la ignoravano e non volevano parlare con lei, anzi ridevano di lei e spesso la prendevano in giro. Il tiglio che si chiamava Lucide perché aveva le foglie più brillanti di tutti gli altri tigli, rideva:
“Che pianta strana, sembra una grande spazzola per le bottiglie!”
“Si, è una spazzola!” Riprendevano la battuta gli altri alberi e ridevano.
“No, non è una spazzola, è un pettine per gli scoiattoli!” Rideva da lontano il castagno. “Guardate quello scoiattolo che è sceso da quell’albero, i suoi rami gli hanno pettinato la coda!”

Invece la betulla che si chiamava Biancaneve, perché aveva la corteccia più bianca di tutte le betulle, richiamava gli animali che si avvicinavano alla pianta strana:
“Non avvicinatevi a quella pianta, se non volete diventare come ricci!
“Ma no! Le sue spazzole vanno bene per grattare gli animali!” Si univa al coro delle risate un faggio, alto e orgoglioso, con la corteccia tutta liscia.
“Riccio! Riccio verde! Spazzola! Pettine! Grattaschiena! – riprendevano gli altri alberi divertiti
“Non sa nemmeno fare il fruscio delle foglie!”
“Non sa cantare!”
“Non sa suonare!”
“Non sa frusciare!”
Nessuno, né animali, né uccelli volevano avvicinarsi a quella pianta strana. Tutti avevano paura di diventare come ricci o di essere derisi.
La pianta rifiutata e derisa da tutti, dagli alberi e dagli animali, si sentiva molto sola. Vorrebbe fuggire da quel posto, vorrebbe cercare i suoi famigliari, degli amici, invece doveva stare lì, in quella collina, derisa da tutti. Per sempre.
Il povero albero chinava la testa, i suoi rami coperti da aghi verdi si piegavano tristi. Ormai nessuno voleva venire a trovarla, né uccelli, né cervi, nemmeno gli scoiattoli e i cinghiali si avvicinavano per mangiare le sue pigne.
Così passò l’estate, poi arrivò l’autunno. Gli alberi attorno si superavano nelle gare di moda e di bellezza. Loro foglie colorate sfilavano sulla passerella del vento. Invece la strana pianta rimaneva sempre verde, ciò suscitava le altre risate degli alberi:
“È senza fantasia!”
“Non cambia i colori!”
“Non sa nemmeno vestirsi bene!”
“Che noia!”
“È proprio una spazzola!”
“Spazzola!”
“Spazzola!”
La pianta si chiudeva in sé. I suoi rami verdi abbassati dalla tristezza, vorrebbero nascondersi sotto la terra. Triste e abbandonata da tutti, la pianta sperava che un giorno i boscaioli venissero a tagliarla.
La stagione diventava sempre più fredda, il vento e le piogge giocavano con le foglie, spogliando ormai tutti gli alberi che cominciavano a sentire freddo. Spogliati dalle foglie, gli alberi, tremavano dal freddo e aspettavano la neve. Ma la neve non arrivava. Dal cielo nuvoloso giungeva il vento frettoloso e gelido, che con i suoi soffi freddi trapassava le cortecce degli alberi. Molti alberi si ammalavano per il freddo e tutti soffrivano.
La pianta “strana”, invece, era sempre coperta dalle sue foglie strane, simili agli aghi, non soffriva il freddo, non tremava e non si ammalava. Gli alberi cominciarono a guardarla con l’invidia e ormai nessuno di loro la derideva.
La pianta vedeva la sofferenza degli alberi, all’inizio non le importava nulla, ma quando vide che alcuni alberelli più giovani si ammalavano gravemente, decise di aiutarli.
I suoi rami piegati per tristezza hanno cominciato a risollevarsi e ad avvolgere alcuni alberi più vicini, come con una coperta. Gli alberi protetti così dalla pianta strana si vergognarono e capirono che le hanno fatto soffrire molto.
Le betulle e i tigli più vicini, avvolti dai rami della pianta le dissero:
“I tuoi rami sono così morbidi e così caldi. Grazie che ci proteggi e scusaci per come ti abbiamo trattato”.
Sulla corteccia della pianta sono scese due lacrime di sollievo e di felicità, ha capito che finalmente non sarebbe più sola. I suoi compagni hanno capito che hanno sbagliato. La pianta sorrise attraverso le lacrime e rispose:
“Vi voglio aiutare, siete miei amici.”
“Ma non sei più arrabbiata con noi che ti abbiamo fatto tanto male?” chiesero gli alberi.
“No, perché voi avete riso solo perché sono diverso da voi e non mi conoscevate. Ma ora sapete che anch’io posso fare le cose belle ed importanti. Ognuno può sbagliare, ma basta solo capire che non esistono gli alberi brutti e inutili ma che siamo tutti belli e importanti.”
È caduta la prima neve, ha disteso il suo mantello sui campi, sugli alberi, sulle case lontane.
Nel bosco arrivarono due bambini con un uomo. Si fermarono davanti alla pianta.
“Nonno, guarda che bel pino!” – dissero indicando la pianta “strana”.
“Sì, è bellissimo, ma è troppo grande per portarlo a casa.”
“Nonno, ma attorno a questo pino possiamo fare una festa per i bambini.”
“È una buona idea!”
Dopo qualche giorno arrivarono moltissimi bambini. Ognuno di loro portò un addobbo, giochi di carta, i capelli di angelo. Arrivarono gli adulti con una scala altissima.
Nessuno degli alberi capiva che cosa stava succedendo, tutti guardavano con curiosità i bambini e gli adulti impegnati ad addobbare i rami dell'albero con le foglie spinose. Gli uomini appoggiarono la scala al tronco del pino e salendo fino alla cima distribuirono gli addobbi su tutti i rami.
“È il re!” sussurravano gli alberi “Non sapevamo che questo albero strano era il re!”
“Guardate come vestito! Che colori! Come brillano! Nessuno di noi è così bello!”
I bambini si presero per mano, circondarono il pino e cominciarono a cantare e ballare.
“Gli cantano! Deve essere il re!”
“Come siamo stati cattivi con lui…”

La più anziana delle querce si rivolse al pino:
“Le nostre foglie non sono così colorate come la tua veste, il fruscio dei nostri rami non è così allegro come il canto di questi bambini, ma ti promettiamo che in primavera gli uccelli dei nostri nidi canteranno per te e in autunno le nostre foglie si stenderanno ai tuoi piedi con il tappeto più colorato al mondo.”
Invece la betulla Biancaneve si rivolse a lui con rimprovero:
“Tu sapevi di essere il re e non ci hai detto nulla! Perché stavi zitto? Se l’avessimo saputo non ti avremmo deriso. Non ti avremmo fatto del male!”
“Io non ero il re, lo sono diventato oggi.” Rispose il pino e poi aggiunse: “bisogna rispettare sempre tutti, perché ognuno di noi in qualsiasi momento può diventare il re, anche tu”.
“Anch’io?” chiese meravigliata la betulla Biancaneve.
“Si, anche tu, perché tutti noi siamo importanti”.
La betulla, abbasso gli occhi e solo ora intuì che non aveva il bisogno di vantarsi per la sua bellezza. Eppure era importante come tutti gli altri.
Il pino finalmente era felice, ormai non era più solo perché ha trovato molti amici.