Le favole di Jolanta
PER BAMBINI E ADULTI  
  Le favole di Jolanta
  I disegni di Laura
  I disegni dei bambini polacchi
  I disegni dei bamibni italiani
  Lettera al lettore
  Colori dell'amicizia, Colori dei peperoni
  => La storia di tre amici peperoni
  => Il peperone bianco
  Le avventure del pesciolino Mosaico
  I racconti degli alberi
  I tristi racconti
  Contatti
  Guestbook
Copyright
Il peperone bianco


Con i disegni di Laura (Italia) e Kasia (Polonia)


Il peperone bianco

         

Un giorno, durante l’inverno freddo, freddo, su un rametto di una pianta, è nato un peperone bianco.

Il peperone era molto piccolo, ma era già molto curioso. Guardava a destra e a sinistra e cercava degli amici, ma non vedeva nessuno.  Passavano le ore, stava diventando buio e il peperone bianco era sempre solo e aveva sempre più paura.

 

“Sono Peppebianco!”  Cominciò a gridare.   “C’è qui qualche amico?!”

 

Ma non gli rispondeva nessuno. Peppebianco cominciò a sentire il freddo, e la sua voce diventò tremolante:

 

“Sono Peppebianco, mi chiamano Peppinverno! Sto cercando un amico!” Continuava.

 

“Vorrrrei currrriosarrrre, vorrrrrei currrrriosarrrre”, sentì una voce. “Mai ho visto il peperrrrone bianco, crrrra, crrrra, crrrra.”

 

Ai piedi del peperone camminava su e giù con la testa alzata, un corvo grande ed osservando attentamente il peperone bianco “cracava”:

 

“Verrrramente currrrioso ed interrrresante, crrrra, crrrra, crrrra”

“Aiutami”, sussurrò  Peppinverno.  “Ho paura di stare qui da solo. Rimani qui con me.”

“Ma tu sei un peperrrrone ed io sono il corrrrvo, come potrrrrei rrrrimanerrrre qui con te? Crrrra, crrrra, crrrra. Io sono nerrrro, e tu sei bianco… no, non posso proprrrrio restarrrrre con te. Crrrra, crrrra.”

“Ma non importa, il peperone e il corvo possono fare l’amicizia”, inventò subito il peperone bianco.

“Ma nooooo…. Il peperrrrone non sa volarrrre e non sa saltellarrrre e non sa camminarrre, crrrra, crrrra, crrrra.”

“Ma io so raccontare le storie, so ridere, so cantare, so inventare i giochi e gli indovinelli.”

“Sì, ma tu sei bianco ed io sono nerrrro, crrrra, crrra, crrrra, non potrrrremo mai farrrre l’amicizia, crrrra, crrrra, crrrra.”

“Ti prego rimani con me, ho paura.”, supplicò Peppebianco

“Tutti i peperrrroni perrrr bene sono già nelle peperrrronate o nelle grrrriliate dei peperrrroni. Tu sei tutto strrrrano, non hai i colorrrri e sei nato d’inverrrrno… . No, non sei norrrrmale…. Scusami tanto, ma non me la sento di diventarrrre il tuo amico, crrrra, crrrra, crrrra.”

 

E il corvo nero aprì le ali e volò via. Peppeinverno lo osservava volare ancora per molto tempo, finché nel cielo, che diventava sempre più buio, rimase soltanto una lontana e piccola macchia nera che poi sparì.

Peppinverno era solo e triste, attorno a lui non c’era nessuno, ma egli non smetteva di sperare e con la voce forte urlò ancora:

 

“Sono Peppebianco e cerco  un amico!”

 

In quel momento una vocina dall’alto dell’albero urlò:

“Per tutte le nocciole e le noccioline! Chi che grida in pieno inverno?!”

 

Nel peperone il cuore, che era rosso come in tutti gli altri peperoni, cominciò a battere forte, forte. Guardò su e vide uno scoiattolo che saltellava da un ramo all’altro:

 

“Sono io! Sono Peppebianco, puoi chiamarmi anche Peppeinverno. Sono qui! Sono il tuo amico!”

“Io ora non voglio nessun amico! Voglio dormire e tu mi hai svegliato!” Rispose lo scoiattolo.

“Ma io sono qui tutto solo, non voglio stare da solo!”

“Ma quanto sei nocioloso! Io voglio dormire, non voglio stare qui con te. …. Poi sei tutto strano…. Un peperone bianco…. No! Nessuno vorrà giocare con te, nemmeno i peperoni normali!”

“Non è vero! I miei amici peperoni sono già nelle grigliate e nelle peperonate, io sono nato troppo tardi e sono nato bianco, ma non è la colpa mia!”

“Va bene, forse non è la colpa tua, ma lo stesso sei strano. Ora non posso parlare più con te, ho sonno e vado a dormire. Ormai si avvicina il Natale ed io sono ancora sveglio, devo proprio andare a dormire, quindi non ho tempo di parlare con te”, aggiunse lo scoiattolo sbadigliando.

 

Il peperone bianco rimase tutto solo, si annoiava molto e per passare meglio il tempo cominciò a canticchiare piano, piano, per non svegliare lo scoiattolo:

 

È  nato nel freddo, è nato nell’inverno,

ma chi è, chi è?   È Peppinverno.

È nato sulla neve, è nato sopra il ghiaccio,

ma chi è? Chi è? È Peppebianco, poveraccio.

Si avvicina Natale con la sua beatitudine,

e Peppeinverno rimane triste nella solitudine.

 

Il cuore di Peppebianco, che dal dispiacere divenne ancora più rosso, si strinse forte, forte, e la gola divenne asciutta.

In quell’istante  passava una volpe e sentì il canto di Peppebianco. Si avvicinò, alzò la testa e chiese?

“Chi sei? Un pollo?”

“No!” Gridò pieno di speranza Peppeinverno e il suo cuoricino cominciò a saltellare di gioia.  “Sono il peperone…”

“Peccato, speravo fosse un pollo. Sarebbe magnifico procurarsi un pollo per Natale.”

“Ma io so giocare bene come il pollo”, aggiunse in fretta Peppinverno.

“Stupido,… con i polli non si gioca, i polli si mangiano… .” 

“Sì, ma anche i peperoni si mangiano… - disse in fretta Peppebianco, come se sperasse di finire subito nel piatto dalla volpe.

“Tfu, peperoni! Gli uomini mangiano i peperoni, i cinghiali mangiano i peperoni, ma una volpe che si rispetti non parla nemmeno con i peperoni!”

 

E la volpe alzò orgogliosamente la testa e si allontanò, lasciando Peppebianco che continuava a canticchiare la sua triste canzoncina:

 

È  nato nel freddo, è nato nell’inverno,

ma chi è, chi è?   È Peppinverno.

È nato sulla la neve, è nato sopra il ghiaccio,

ma chi è? Chi è? È Peppebianco, poveraccio.

Si avvicina Natale con la sua beatitudine,

e Peppeinverno rimane triste in solitudine.

 

“Bum, pam, pam, pam, bum!” Si sentì un suono strano che si avvicinava sempre più. Peppebianco volse lo sguardo verso quel suono e vide tantissime palle bianche volare in tutte le direzioni.

«Bum!» Una di loro colpì il peperone.

“Aiiiiii”, si lamentò Peppebianco”.

“Scusa, non volevo colpirti.”

“ Chi sei?” Chiese il peperone cercando di capire cosa stava succedendo.

“Sono una palla di neve. Ci sono dei ragazzi che si divertono tirandoci in tutte le direzioni”.

“Ma non vi fa male?” domandò Peppeinverno preoccupato.

“No, siamo fatte di neve”.

“Che bello che sei volata qui”, si rallegrò il peperone, “Finalmente ho trovato un’amica”.

“Temo che non per molto”, rispose la palla. “Sento che mi sto sciogliendo”.

“Dai, aspetta, parliamo un po’!” Supplicò il peperone. “Sei bianca come me, possiamo diventare amici”.

“Mi dispiace, ma forse troverai gli amici in quei ragazzi che stavano giocando con noi”, rispose la palla dileguandosi nella neve.

 

Peppebianco, udì delle voci e delle risate e intuì che erano i ragazzi che si stavano avvicinando a lui. Ogni tanto si chinavano per raccogliere la neve, ne facevano le piccole palle, le tiravano correndo e ridendo. Il peperone cominciò a chiamarli e poi a cantare forte, forte, a squarciagola ma nessuno di loro lo sentiva. Uno dei ragazzi corse vicino al peperone e si chinò per raccogliere la neve. In quel momento il suo sguardo cadde sul peperone. Gli occhi del ragazzo divennero molto grandi come palle di neve. Si alzò e chiamò altri ragazzi:

“Venite! Ho trovato qualcosa di strano!”

 

I ragazzi si avvicinarono di corsa

 

 “Davvero strano”, disse uno di loro. “Un peperone bianco”.

“Vero, non ho mai visto un peperone bianco… Portiamolo a casa, la mamma farà una peperonata bianca. Sarebbe un bel piatto per Natale, bianco come la neve!”

“No, ho paura…,  e se fosse velenoso?”

“Forse hai ragione, ma come mai è qui?”

“Forse nessuno l’ha visto, oppure è nato troppo tardi.”

 

Peppebianco sbatteva i piedi, si agitava, gridava di essere come palla di neve, di saper giocare, di non essere velenoso, di essere buono per la peperonata, ma i ragazzi non lo sentivano.

 

“Sapete cosa facciamo? Lo lasciamo qui, torneremo in primavera. Magari prenderà un po’ di colore…”

 

E i ragazzi si allontanarono giocando con le palle di neve e lasciando il peperone tutto solo.

 

Peppebianco si sentì abbandonato e solo, si avvicinava il Natale e lui non aveva gli amici ed alla primavera mancava ancora molto tempo.

Dagli occhi del Peppebianco scesero due lacrime calde, calde e il buio della notte lo avvolse nel  mantello nero.  Il piccolo chiuse gli occhi e pian piano si addormentò.

 

Il vento soffiava sempre più forte e svegliò la Luna che cominciò ad osservare curiosamente Peppebianco, cui il colore risplendeva illuminando la terra. La Luna si avvicinò al peperone, allungò un fascio luminoso e cominciò ad accarezzare il suo viso, lasciando su esso le tracce d’argento. Anche il Gelo che diventava sempre più intenso, si avvicinò incuriosito alla piccola creatura e la sua polvere magica scendeva giù dal cielo, coprendo d’argento il piccolo e tremante corpicino del peperone. Peppebianco sembrava un piccolo principe addormentato, vestito d’argento. Il suo piccolo corpicino emanava tanta luce, come fosse la luna.

“Sarà un mio lontano cugino, sussurrò la Luna. È molto piccolo ma non vedo i suoi genitori.”

“Penso che sia un orfano, rispose il Gelo. Lo osservo tutto il giorno e credo che non abbia nessuno.”

“Poverino, è tanto piccolo ed è tutto solo.”

 

La Luna e il Gelo osservavano il piccolo peperone che dormiva e sognava di aver trovato tanti amici che volevano giocare con lui. Nel sogno sorrideva e le tracce d’argento e la polvere bianca che coprivano il suo corpicino risplendevano sempre più forte e sempre più belle, emanando tanto, tanto chiarore.

Le stelle che uscirono a giocare nella luce della luna, rimanevano abbagliate dal chiarore che proveniva dalla terra. Incuriosite si chiedevano la fonte di tanta luce. Tre di loro, più coraggiose, pian piano scesero giù per capire l’origine di tale splendore.

    

Le stelle, scese in basso, ammiravano in silenzio il peperone che brillava come argento.  Erano mute dall’eccitazione, i loro occhi diventarono grandi, grandi, i loro respiri affannati e i cuori battevano forte, forte.

 

“Vi ricordate la Regina delle stelle con quello strascico lungo, che ieri notte ha fatto il giro della Terra?”



Chiese sussurrando una di loro. “Era bellissima e grandissima, con tanta luce! Io sono sicura, che lei aveva perso la sua corona e ieri girava cercandola. …E  noi l’abbiamo trovata!”




“Sono d’accordo!” Rispose l’altra. “Questa è la corona della Regina, mi ricordo che si chiamava Cometa.”

“Sì, anch’io sono d’accordo,” aggiunse la terza. “Questa cosa sembra proprio come una corona e brilla come quella stella… come hai detto? Cometa?... sì, deve essere la sua corona. Bisogna restituirgliela, ma come possiamo farlo?

 

Tre amiche si chinarono sopra Peppebianco ammirando la sua bellezza e consigliandosi su come consegnare la corona alla Cometa. Poi si presero per mano e emanando tanta luce, intrecciarono i loro raggi e tesserono una stoffa morbidissima e luccicante. Collocarono Peppebianco addormentato sopra il telo e lo sollevarono in alto.

 

     La Luna e il Gelo osservavano le stelline e non capivano che cosa volessero fare, ma l’idea di portare Peppebianco in cielo gli piacque.

     Invece Peppebianco addormentato, veniva sollevato sempre più in alto e cominciò a tremare dal freddo.

“Apciii, apciii!”. Due forti starnuti scossero il suo piccolo corpicino e il peperone si svegliò. Quando aprii gli occhi, vide sotto di sé le piccole case, i piccoli alberi e sopra di sé le grandi stelle e la Luna.

“Aiuto! Aiuto!” Urlò il piccolo peperone spaventato tremando ancora più forte. “Sto volando!”

“Sentite?” Chiese una stella alle sue amiche. Sentite queste urla?

“Sì, missa che è la nostra corona”, rispose l’altra.

“Ma la corona non può parlare, figuriamoci urlare!” Affermò la terza

“Hai ragione, allora non è una corona, è una creatura!”

 

Le stelle si guardarono in faccia e tutte tre insieme chiesero a Peppebianco:


 

“Sei una corona?”

“No! Sono un peperone!” Urlò disperatamente Peppebianco. “Non sono nemmeno un uccello e non so volare!”

“Un peperone?”  Domandarono meravigliate le stelle e tutte tre insieme scoppiarono in una risata. “Un peperone! Hahaha!”

“Non ridete di me! Gridò Peppebianco. Nessuno mi vuole bene, non ho nessun amico! Perché ridete?”

 

Ma le stelle ridevano così forte che non udivano le urla del Peppebianco. I loro occhi si riempivano di lacrime, le mani che reggevano il telo luminoso si agitavano. Invece Peppebianco era deluso, arrabbiato ed impaurito. Sentiva che il telo che lo reggeva si strappava ad ogni movimento e aveva paura di cadere giù.

 

«Crac, crraac, crrrrraaaaaaaaac!» il telo si squarciò. Peppebianco capì che era in pericolo e si reggeva con le ultime forze ai brandelli luminosi, ma le sue manine erano troppo deboli, sentiva che scivolava sempre più giù. Terrorizzato cominciò a urlare fortissimo: “Aiuto! Aiuto!”

Le stelle che fino a quel momento ridevano fortemente, si accorsero dell’incidente e smisero subito di ridere. Anche loro si spaventarono e volevano aiutare a Peppebianco, ma anche loro non riuscivano a tenerlo. Con tanta fatica e sforzo cercavano di acchiappare il piccolo corpicino ma esso era troppo scivoloso e le sfuggiva dalle mani. Alla fine il peperone cominciò a precipitare giù tenendo in mano i pezzetti del telo stellare.

“Noooooooooooooooooooo!”  Urlava Peppebianco.

“Noooooooooooooooooooo!”  Urlavano le stelle.

 

 

Le stelle chiusero gli occhi dalla paura mentre il peperone scivolava giùùùùùùùùùùùùùùùùùùùù.

 

«Bum, crac, croc, bum, bum, bum.»

 

Il peperone cadde sul tetto di una casa, poi rimbalzò più volte e cadde dentro il camino buio e profondo. Il volo nel camino non era per niente piacevole e sembrava di non finire più. Quando Peppebianco pensava di non farcela più, vide una luce e si trovò per terra in una stanza luminosa. Vide sopra di lui gli occhi curiosi di una donna.

“E tu chi sei?” Chiese la donna.

“Sono Peppebianco!” Gridò il peperone, ma subito capì che era diventato nero dalla polvere del carbone. Ma la donna non lo sentiva.

“Sembri un peperone ma sei tutto sporco. Vieni qua, ti laverò e ti aggiungerò alla mia peperonata per Luca”, disse la signora che proprio qualche minuto prima cominciò a preparare gli ingredienti per il piatto preferito di suo figlio. Luca da molto tempo era talmente triste che non riusciva nemmeno ad addobbare l’albero di Natale, che ormai sembrava diventava triste come lui.

 

Quando la donna lavò il peperone, fece un urlo di stupore e di gioia.

“Ma sei bellissimo! Tu non sei un peperone! Tu sei il re dei peperoni! Non ho mai visto un peperone d’argento! Sei troppo bello per la peperonata!”

 

La signora prese Peppebianco e lo portò nella cameretta del figlio.

Sulla sedia con gli occhi lucidi e tristi era seduto un bambino che non aveva più voglia né di giocare, né di uscire di casa.

 

“Luca”, disse la mamma a suo figliolo, “guarda che cosa ti ho portato”.

 

Il bambino guardò le mani della mamma che emanavano tanta luce. Si avvicinò ed incuriosito prese il peperone luminoso e lo sollevò agli occhi.

“Mamma, è la più bella cosa che io abbia mai visto!” Disse il bambino. Si avvicino all’albero di Natale ed appoggiò Peppeinverno sopra il ramo più alto. L’albero cominciò ad emanare tanta luce in tutta la stanza.

Il bambino sorrise i suoi occhi si accesero ed egli cominciò a saltare ed a battere le mani.

La mamma vedendolo così era felice.

“Ho un’idea”, disse e corse in cucina, poi tornò con un cestino pieno di peperoni colorati con i quali voleva preparare la peperonata e lo diede al bambino. Il bambino sorrise, prese il cestino e cominciò a collocare i peperoni gialli, rossi e verdi sui rami dell’albero. Quando li ha collocati tutti, si allontanò per ammirare l’albero.

 

“È l’albero più bello e il più allegro che io abbia mai visto”, rise il bambino divertito.”

 

La mamma felice abbracciò il figlio.

 

Invece i peperoni che si trovavano sull’albero videro Peppebianco e qualcuno di loro mormorò:

“Ma guarda che roba, un peperone bianco, che strano!”

 

Un peperone rosso rideva:

“Il peperone bianco, che roba! Ragazzi vedete? Aprite gli ombrelli, fra poco comincerà a nevicare!”

 

Il coro dei peperoni scoppiò in una risata. Un altro peperone, giallo, rideva più forte di tutti:

 

“Scommetto che sei caduto nel sacco con la farina!”

 

I peperoni di nuovo si misero a ridere a crepapelle.

 

“No ragazzi!” Intervenne un altro peperone rosso, “Lui è soltanto mooooolto pallido”.

 

   «Hi, hi, hi!» «Ha, ha, ha!»   Risuonava il coro delle risate peperonate e tante voci ironiche intrecciate.

 

            “Perché non va dal dottore?! Ha, ha, ha!”

            “Si dovrebbe fare il pane con il peperone di farina! Non la peperonata! Hi, hi, hi!”

            “Noooo! Si dovrebbe tirarlo come palla di neve! Ha, ha, ha!”

 

            «Hi, hi, hi!» «Ha, ha, ha!» Rimbombevano le risate dei peperoni, mentre Peppebianco si asciugava le lacrime dal dispiacere.

 

La mamma di Luca era felice, da molto tempo non ha visto ridere suo figliolo. Tutto ciò era il merito di Peppebianco. La donna si avvicinò all’albero, accarezzò il peperone bianco e disse:

“Grazie che hai fatto tornare felice mio figliolo. Nessuno più riusciva a farlo.”

 

In quel momento tutti i peperoni si sono azzittiti e dallo stupore aprirono le bocche e spalancarono gli occhi.

Invece il cuoricino di Peppebianco cominciò a battere forte dalla felicità e il suo corpicino cominciò ad emanare ancora più luce.

Tutti i peperoni videro lo splendore del peperone bianco e capirono che era un peperone speciale. Sì, era strano, ma perché era speciale, unico, il più bello.

 

Un peperone rosso chinò la testa davanti a lui e disse.

“Caro amico, ti abbiamo giudicato male, ma devi ammettere che veramente sei diverso e non sapevamo che cosa pensare di te. Ma ora abbiamo imparato che non bisogna giudicare mai nessuno!

Tu hai portato l’onore a tutta la famiglia dei peperoni. Ci hai elevato a un ruolo speciale che nessun peperone abbia mai compiuto. Grazie a te abbiamo capito che noi peperoni possiamo fare le cose molto più importanti delle peperonate e delle grigliate: possiamo donare la gioia e la felicità. Ma finché non ti abbiamo conosciuto non sapevamo quanto siamo importanti. Grazie Peppebianco e ti chiediamo di perdonarci.”

 

“Amici”, rispose Peppebianco con la gola stretta per la commozione. “Non sono arrabbiato con voi. Ognuno può sbagliare, ma è importante capire che siamo tutti preziosi, perché in questo mondo c’è bisogno di ognuno di noi. Ognuno di noi può fare le cose belle. Ma può fare anche le cose brutte...”

I peperoni abbassarono la testa per la vergogna e Peppebianco vedendoli così dispiaciuti aggiunse in fretta;

 “Ma vedete che dopo si rimane male. Quindi meglio fare le cose belle.”

   “Sì, è vero. È meglio fare le cose belle”, annuirono tutti i peperoni. “Non derideremo mai più nessun peperone!”

 

            “Bravooooo!” Si alzò una voce nel coro dei peperoni. “Bravo, Pepebianco, è giusto che tu stia in cima dell’albero, siamo onorati di essere i tuoi amici”.

            “Bravoooo!” Risposerò i peperoni e cominciarono a saltare di gioia e battere le mani.

 

Peppebianco finalmente ha trovato degli amici, era felice ciò lo fece ancora più luminoso. Si alzò in punta dei piedi e intonò un canto di Natale e tutti i peperoni cantarono con lui.

Luca e sua mamma ammiravano l’albero e gli sembrava di udire un canto di Natale cantato dai peperoni.

 

“Non può essere”, disse la donna.

“Non può essere”, rispose il bambino

 

Tutti due si guardarono negli occhi e scoppiarono in una risata guardando i peperoni. Peppebianco era ancora più luminoso. Ma non solo lui, tutti gli altri peperoni erano più belli e luminosi. Così emanava la loro felicità.

 

 

 


 

 
  © Comunità europee, 1995-2008
Riproduzione autorizzata con indicazione della fonte.
 
Oggi ci sono stati già 13 visitatori (16 hits) qui!
Questo sito web è stato creato gratuitamente con SitoWebFaidate.it. Vuoi anche tu un tuo sito web?
Accedi gratuitamente